Attualità della psicopolitica.
Da De Marchi a Recalcati
tra Luigi De Marchi e Massimo Recalcati
Attualità della psicopolitica
Come al solito Luigi De Marchi ci viene incontro delineando una
“distorsione paranoicale” che ha inquinato sempre più gravemente la percezione
della realtà negli ambienti politici in genere e della destra in particolare,
come un tempo nell’Est totalitario e ancora oggi in Turchia, Polonia, Ungheria
e Bielorussia. Altro che democrazia diretta! Illusorio credere che sarebbe
bastata una piattaforma telematica controllata da piccolissimi numeri contro la
degenerazione gregaristica, i condizionamenti educativi, propagandistici e
polizieschi, le fantasie infantili di onnipotenza.
Wilhelm Reich per decenni aveva osservato, dapprima
ingenuamente, in seguito con stupore e infine con orrore, che cosa il Piccolo
Uomo della strada 'commette contro se stesso'; come soffre e si ribella, come
stima i nemici e uccide gli amici; come, ogni qual volta riesce a ottenere il
potere in qualità di "rappresentante del popolo", abusi di tale
potere e lo deformi in modo ancor più crudele di quanto non sia avvenuto prima
ad opera di pochi sadici delle classi dominanti.
“Ascolta Piccolo Uomo”, ovvero vedi te stesso come sei
veramente. Ascolta quello che nessuno dei tuoi capi e rappresentanti (e “portavoce”)
oserà mai dirti: Sei un 'piccolo uomo qualsiasi'. Comprendi il duplice senso di
queste parole: 'piccolo' e 'qualsiasi'. Sei afflitto dalla peste emozionale.
Sei malato, molto malato, Piccolo Uomo. Non è colpa tua. Ma è tua
responsabilità aver ragione di questa malattia.
L'uomo rivestito di corazza è isolato dal contatto immediato
con la natura, le persone e i processi. Perciò sviluppa un contatto
sostitutivo, che è fondamentalmente caratterizzato dalla mancanza di
autenticità. Ogni impulso d'amore incontra la barriera della corazza.
Per esprimersi deve aprirsi a forza un varco attraverso quel
rigido muro; ma così si trasforma inevitabilmente in crudeltà e odio. L'impulso
d'amore originario apparirà, in connessione con l'impulso d'odio successivo,
solo come un atteggiamento generale di esitazione, di ambivalenza, di auto-disgusto
e di dipendenza da tutto ciò che promette redenzione o scarica di tensione. La
corazza del corpo rende inaccessibili le sensazioni organiche fondamentali, e
con esse l'autentica sensazione di benessere. Il senso del proprio corpo è
smarrito, e con esso è perduta la naturale fiducia in se stessi: essi sono
regolarmente rimpiazzati dall'inganno, da ostentazione di apparenze e da falso
orgoglio.
Ascolta Piccolo Uomo
fu redatto nell'estate 1946 per l'Archivio dell'Orgone Institute senza la
prospettiva di venir mai pubblicato.
“Comprendere il motivo per cui tu agisci meschinamente. L'uomo nobile soffre in tua vece per i tuoi misfatti e non perché siano gravi, ma perché meschini. (...) Amore, lavoro, sapere non conoscono patria, né frontiere, né uniformi. Sono interazionali, completamente umani e universali.
Ma tu, invece, vuoi essere un piccolo
patriota perché temi il vero amore, temi la tua responsabilità di lavoro ed hai
terrore, addirittura, della sapienza. Per questo rubi la tua gioia come un
ladro nella notte oscura, per questo sei incapace di osservare l'altrui gioia
senza diventare verde. Ferma, fermate il ladro! E' uno straniero, un immigrato.
Io sono tedesco invece, americano, danese, norvegese ...! Ahimè, non sbavare di
rabbia, piccolo uomo! Tu stesso sei, e rimani, l'eterno emigrante ed
immigrante. Del tutto casualmente sei immigrato su questa terra, nel silenzio
ne prenderai congedo”. Di psicologia del collettivo scrissero in tempi lontani
Luigi De Marchi – un pioniere -, in Psicopolitica
(Sugarco, 1976) e molto più di recente Massimo Recalcati che, oltre a una
sterminata produzione libraria, spesso interviene sulla stampa nazionale (“Se i
5S escono dalla pubertà”, La Repubblica, giovedì 22 agosto 2019). Due approcci
diversi ma - in termini dinamici - compatibili. Per De Marchi era chiaro che,
già in epoca di freudo-marxismo, il vero baricentro della dinamica sociale non
era più la struttura economica ma quella caratteriale. La “distorsione
paranoicale” ha sempre più impedito ai dogmatici di vedere i fattori oggettivi
e le responsabilità proprie nell’insorgere dei grandi problemi sociali e
internazionali. E ha indotto a percepire tali problemi come il risultato
d'altrettante, diaboliche macchinazioni di nemici interni o esterni. Per De
Marchi, ciò che impedisce qualsiasi approccio serio e realistico ai problemi
contemporanei, è la psicosi del complotto. Al giorno d’oggi, molto ben
inscenata sul web da cose che – chissà perché - ci ostiniamo a definire “social”.
Da un punto di vista energetico e esistenziale, per trovare una traccia di umana
pulsazione nella politica italiana, occorre risalire alle lacrime di Elsa
Fornero. E, questa estate, a quelle di Teresa Bellanova, illusasi di aver quasi
raggiunto un accordo per la regolarizzazione dei migranti; forse pure alla
commozione del ministro Patuanelli, testimone delle ruspe che preparano al
macero piante e fiori invenduti e la frutta e verdura non raccolta. Sempre a
causa dell’ignobile slogan “prima gli italiani”. Mentre Salvini continua a fare
l’advisor (“Vuole regolarizzare esercito di clandestini”), quel piccolo uomo miserabile
di Crimi ovviamente comunica che “non ci stiamo”. Che sia finita la pacchia, la
sua natura, l’ha mostrata Francesca
Mannocchi su la7 nel reportage da Borgo Mezzanone. Di Riace già sapevamo
Scriveva Karl Kraus nel 1909: “il nazionalismo è un fiotto
in cui ogni altro pensiero annega”.
Per il lacaniano Recalcati, secondo il quale bisognerebbe
“far sorgere il sapere là dove non lo si attende”, nel M5S è in gioco quello
che accade sempre nel passaggio tra la pubertà e l’età adulta. “Conosciamo la
critica cieca e ostinata che il mondo degli adolescenti rivolge a quello degli
adulti. Il M5S ha assunto questa postura di fondo alla sua origine: la politica
è in quanto tale corrotta, i politici, come gli adulti agli occhi
dell’idealismo puberale dei figli adolescenti, sono tutti viziosi, intaccati da
cinismo e egoismo. L’insulto sfacciato, la critica virulenta, il disprezzo per
le istituzioni e i suoi simboli che hanno caratterizzato questo movimento sino
dai suoi esordi – tutte marche del fantasma puberale che li ha generati – deve
oggi fare i conti con il passaggio alla responsabilità che comporta trovarsi dall'altra parte della barricata, a tutela di ciò che sino a poco tempo fa
aggredivano”.
Succede però che alimentando una politica dell’odio verso i
suoi antagonisti (individuati come i pidioti,
il partito di Bibbiano, gli amici delle ONG, radio Soros, “i Benetton”, etc.) quel
cosiddetto “movimento” ha scavato un fossato intorno ai vecchi amici,
entusiasti e malpancisti di sinistra, del volontariato e dei cattolici di
strada dell’epoca delle Quirinarie, consegnandosi al sovranismo di Salvini e
cedendo su ogni desiderata dell’inaffidabile e improbabile ex socio. In tal
modo ha relegato il Movimento, che aveva vinto le elezioni, in una posizione politica
minoritaria e impotente. Con un capo-politico allo stadio masturbatorio e
comunque pregenitale. Il protagonista dell’accordo infausto con la Lega di
Salvini siglato nel nome del populismo e prigioniero del fantasma puberale
dell’antipolitica, avrebbe dovuto dimettersi già da tempo, come ha invocato
che altri facessero all’indomani delle loro sconfitte politiche. Chiosava
Recalcati: non basta sapere contro chi si è per sapere chi si è. È questa
un’altra illusione del mondo adolescenziale destinata a dissolversi nel
passaggio alla vita adulta.
La Libia è l’Auschwitz dei nostri giorni. E, oggi come allora, stiamo facendo finta di
niente e la stiamo finanziando. Pasolini - scriveva nel 1975 - “che i vizi sono
ciclici, si ripetono incarnati da uomini diversi con lo stesso cinismo, la
medesima indifferenza per l’etica, con l’identica allergia alla coerenza, a una
tensione morale”. Infatti, forse più di un bravo psicologo sociale, in Italia
ci manca un Pasolini, ci manca un Gadda: “in questa italietta di scior avocatt,
(tentennoni e salvo intese), dallo
schiribizzo pronunciato e l'idoleggiamento della personalità forte, trionfo di
asini, asini, buoi grassi, non guerrieri, non pensatori, non ideatori, non
costruttori, incapaci d'osservazione, inabili alla sintesi”.
La verità è che coi cinquestelle non ci puoi nemmeno
scambiare due parole. Sono senza verso, non hanno una direzione, sono né di
destra né di sinistra. Un tempo si sarebbero detti qualunquisti, oggi invece -
narcisi patologici come sono - pensano di essere post, di abitare nel dipoi, in una condizione post
ideologica, forse post-umana. Alludono al fare, ai fatti, a "i temi":
sono terribilmente pragmatici, contemplano l'azione. Ad esempio quella della ghigliottina. E’ la
loro bandierina. Hanno un culto per la decollatura, manifestano in ogni salsa
un lutto precoce e una posizione depressiva. Come quella supposta da Melanie
Klein per l'infante, per il futuro parlante. Incapaci di parola, non fanno che
ripetere slogan spuntati. Spesso non riescono nemmeno ad articolarli e si fermano
al palo di un accenno evocativo o ottativo ("onestà, onestà"). Altre
volte all'illusione di aver "abolito la povertà" o a una
programmatica e cazzuta "niente alleanze". Con la stessa sicumera che
li ha condotti a regalare l'Umbria e la Calabria alla Lega e che li porterà
alla disfatta in Puglia e in Toscana.
Poverini, sono ossessivi e hanno il tabù del Mes. Questo
perché - come scrive un attivista molto presente nel blog delle stelle (in un
thread abbiamo contato 30 suoi post) – è colpa di Prodi, "che con tanta
leggerezza e truccando i conti come in Grecia, ci ha messi nella zona euro,
svendendo con estrema leggerezza la nostra moneta, la nostra sovranità, il
nostro futuro? E credete che, se i piddini avessero capito qualcosa, avrebbero
sostenuto quel Monti che odia la democrazia, il Monti della Fornero, delle
banche viziose, del capitale nemico del popolo? (…) quel Renzi, del Fm e del
capitale Usa che regna con la Bce e ci devasta con l’austerità e distrugge
progressivamente ogni democrazia, diritto costituzionale, statuto del lavoro,
welfare e futuro, e credete che non andremmo in massa a cacciarlo da quel trono
su cui si è seduto arbitrariamente e da cui medita solo la nostra
rovina?". Un trono che, anche se tardivamente, ha rimesso in gioco proprio
i cinquestelle. Ma loro sono fatti così, sono volubili, senza memoria e non
conoscono gratitudine, figuriamoci poi nei confronti dell'orribile Renzi. Il
senatore a vita Monti odia la democrazia o ha provato a salvarla quando lo
spread era a quota 528 (e - tra l'altro - era stato lo stesso Beppe Grillo a
chiedere a Napolitano, nell'estate del 2011, di sostituire Berlusconi a Palazzo
Chigi)? Chissà? E che dire di Prodi, "che trucca i conti come in
Grecia"? Hanno già dimenticato che Prodi era nei desiderata delle
Quirinarie, come pure Zagrebelsky, Carlassare, Gino Strada, Nino Di Matteo,
Pierluigi Bersani, Raffaele Cantone. Milena Gabanelli e altri bravi cristiani
che ci fecero sperare in una boccata di ossigeno, nella dotazione fortuita di
un casco Cpap per la ventilazione assistita non invasiva. Una bella porzione di
omosessualità latente (il problema ovviamente non è l’omosessualità ma la
latenza e il suo misconoscimento), specie nei confronti del rude Salvini e ora
di Conte, che li porterà a chiedere a gran voce l'impeachment per Mattarella e
nello stesso tempo a rivendicare una sorta di protagonismo nella logica dei
porti chiusi e - più di recente - nell'affondamento dei barchini e dei gommoni
tunisini.
«In principio era l’Azione»: è la frase che conclude Totem e
tabù. Il loro non è un partito ma un movimento, pieno di totem e di
ambivalenza. Pieno di clan paranoici. I tropi principali del discorso paranoico
sono infatti la costante mancanza di fiducia, una rigida sospettosità verso gli
altri, la persistente interpretazione delle intenzioni degli altri come
malevole. La superstizione fa il paio con una modalità animistica. Molto peggio
della fabbrica di bufale e di volgarissime semplificazioni, il loro livore si è
poggiato prima sul PDmenoelle, ma era poco più di un motto di spirito, poi sui
pidioti, il partito di Bibbiano, i taxi del mare e via peggiorando. Singolare o
plurale che sia, "i Benetton" è epico: il che significa: “egli”,
“loro” è malvagio; è la parola più malvagia della lingua: pronome della non
persona, che annulla e mortifica il proprio referente. Scriveva Roland Barthes:
"non si può applicarlo a chi si ama senza un senso di disagio; quando dico
“egli” di qualcuno ho come il senso d’un crimine per via linguistica, crimine
la cui scena, talora sontuosa e cerimoniale è il pettegolezzo".
Wilhelm Reich, Ascolta, piccolo uomo, Sugarco, 1994
Antonella Filastro, Quel
che è vivo del De Marchi-pensiero: l'eredità di un rivoluzionario, NeP
edizioni, 2019
§
"Salomè è la donna sublime, la castratrice sognata dal maschio che incontra qualche difficoltà a godere, vale a dire più o meno tutti. Diventa l'eroina del decadentismo a corto di valori, il nume della spiritualità cristiana ridipinta con le manie del paganesimo e degli esoterismi diffusi. (...) La figlia di Erodiade presiede alle celebrazioni sacrileghe di quei valori già penosamente assenti in quella fine di secolo e che i decadenti tentano di restaurare ... bestemmiando. (...)
Da quest'abbondante produzione, sintomatica per chi fosse interessato a una sociopsicologia di fine secolo, si distacca tuttavia l'humour, o in altri casi la vituosità stilistica dei maestri. Nel cuore del maremoto spiritualista, Villiers de l'Isle-Adam ritorna al "realismo nella pena di morte", per sbeffeggiare la "ghigliottina di un popolo di uomini d'affari", e ricordare che la Legge non deve dare a chi punisce l'esempio del cinismo".
Julia Kristeva, La testa senza il corpo. Il viso e l'invisibile nell'immaginario dell'Occidente, Donzelli, 2009
Commenti
Posta un commento