Questi fantasmi

 

«Quando si tratta di perversione, la dimensione immaginaria appare dunque prevalente».

Jacques Lacan, Il Seminario. Libro IV. (1956-57), Einaudi, 1996

 

 

                                         

artwork Luciano Mastrascusa


Ritualmente, dopo la mezzanotte del giorno prima delle elezioni, inizia il silenzio stampa. Sarà un fantasma d’influenza? Sarà il gemello del divieto di diffondere gli esiti dei sondaggi? Ovviamente nell’italietta smemorata, nostalgica del fascismo e del qualunquismo – entrambi difensivamente spacciati come post-ideologici - è il momento migliore per farli circolare, per strappare un consenso piccolo-piccolo in zona Cesarini. Così accreditando la vittoria di qualcuno e il soccombere di altri. E’ – questa sì – una macchina dispotica, non il Green Pass della cosiddetta “dittatura sanitaria”. Ecco i ridicoli neo-liberal, i post-libertari, gli in/credibili (alla lettera) santoni della carta costituzionale, della quale si sono sempre fottuti.



Il fantasma della libertà, Luis Buñuel, 1974

Strano che pensatori come Cacciari, Agamben e Carlo Freccero siano finiti (lo dico solo dal punto di vista degli effetti, della pragmatica della comunicazione) in compagnia della parte più retriva e reazionaria. Evidentemente l’eccesso di intelligenza e di cultura fa brutti scherzi. Ho sentito sul tema un’arguzia di Bersani, secondo cui, “quando si ha molta intelligenza, non bisogna usarla tutta”. Così la dotta discussione sugli stati d’eccezione finisce nel calderone della “giustizia a orologeria” e va a tenere compagnia al fantasma della libertà della bonanima di Buñuel. Evidentemente, in epoca pandemica scopriamo meglio un fondamento fobico, forse ipocondriaco. Chissà cosa ne pensano Cappato e Bonino di questi radicali referendari tardivi?




Agamben scrisse nel 2006 un magnifico volumetto intitolato Che cos’è un dispositivo? (parola chiave di Michel Foucault). Ma non mi risulta abbia mai profferito una parolina sulla xenofobia e sul razzismo fascio-leghista da tempo imperante: come mai il grande intellettuale (detto senza ironia) mai si è accorto del “dispositivo” della Bestia, la cui prima vittima è stata Riace e il suo ex-sindaco?

E che diavolo è la Bestia? A quanto ho capito, si tratta di un approccio intermediale, reso possibile da un software “collaborativo”, per l’automazione di attività di cross-posting (vale a dire invio multiplo), con alternanza della tipologia dei post "call to action e community bulding", con bot, troll, mailing list, camionate di account fasulli, secondo la formula TRT (tv, rete, territorio). Un approccio che sfrutta un ambiente favorevole per la produzione e distribuzione di fake news e/o di prodotti informativi di scarsa qualità; notizie provenienti da fonti che alimentano teorie complottistiche o cospirazioniste; - notizie provenienti da fonti specializzate in gossip o rumors e pseudoscienza, caratterizzate dal ricorso ad annunci (di eventi di attualità o scoperte scientifiche) non verificati; - hate news provenienti da fonti che promuovono razzismo, misoginia, omofobia e altre forme di discriminazione. 

Tutti zitti o comunque particolarmente distratti sul cyberbullismo, o finché si è trattato di fare a pezzi Mimmo Lucano. Che non fosse il solo si era capito subito. Quella è stata solo la prova generale. Contemporaneamente si è innaffiato il background, con l’invenzione dello stigma del “buonismo”. Ancora adesso, allo scoccare della mezzanotte, nonostante le disavventure dell’ideatore e gli effetti di una sentenza aberrante emessa dal tribunale di Locri, risulta appena accennato un pensiero critico che ne sottolinei l’intreccio. Credo sia lecito meravigliarsi non di una condanna più pesante di quella inflitta ad Al Capone, ma di come Lucano abbia potuto arrivare vivo fin qui. 

Son passati già molti anni, ma provo ancora disgusto per uno scambio su Facebook con una utente dell’hinterland cosentino che mostrava indignazione per il ritardo col quale l’ex sindaco di Riace trasmetteva l’assegno mensile alla figlia studentessa fuorisede. Così raccogliendo rumors da avvocaticchi di provincia, probabilmente inesistenti o in vena di pubblicità a buon mercato, rimasticati sui social (chissà perché ancora li si chiama così, quando invece sono il regno dell’anonimato, dell’inciviltà, dell’asocialità).

Il termine ‘fake’ ritaglia un concetto un po’ più complesso della nozione di notizia falsa, in quanto rappresenta anche una manipolazione di una notizia vera, presentando in modo artefatto elementi fattuali veri insieme a suggestioni e manipolazioni che ne alterano radicalmente il contenuto. Una dimensione diseducativa, tra pedagogia e intelligence, per fortuna oggetto degli studi recenti del prof. Mario Caligiuri e di un dipartimento dell’Unical interamente dedicato a una questione più che scottante.

Questa stessa testata, che considero una bellissima notizia, non si è sottratta a qualche ingenuità. Penso all’implacabile esibizione dei curricula degli aspiranti consiglieri. La qualità umana è quella che è e non mi metterò a fare della sociologia. Anche quello delle candidature è un “dispositivo” multifattoriale. Dalle nostre parti inevitabilmente registriamo facciatosta, cambi di casacca, qualunquismo (ormai definitivamente sdoganato dai tempi cinquestellari del "né di destra né di sinistra"), ignoranza abissale, soprattutto in materia di cultura dell'amministrazione pubblica. 

A mio avviso si poteva evitare anche la domanda sui 7 colli - in perfetta Iene Style - rivolta agli aspiranti sindaco. Anche i più romani-deroma, facilitati da ben altra memorabilia funzionale, non riescono a ricordarli tutti e ricorrono all'algoritmo della parola PIACQUE per imbeccare Palatino, G[J]anicolo, Aventino, Celio, Quirinale, V[U]iminale, Esquilino. Chi mai ricorderà Pancrazio, Torrevetere, Guarassano, Triglio, Venneri, Gramazio e Mussano? Chi ha provato a enumerarli ha finito col fare una figura barbina. Molto più fungibile sapere il nome dei rettori delle tre università, chi all’Unical si occupa di diritto pubblico, privato, costituzionale, amministrativo, commerciale, diritto dell'Unione europea, demografia giuridica e finanza etica, etc. Forse sarebbe stato meglio tastare cosa quei candidati sanno del toponimo Kos. Li avremmo sfottuti lo stesso ma almeno spronati a leggere quel recentissimo e prezioso volumetto del prof. John Trumper (Brenner Editore, 2021).

§

"Adesso io non chiamerò più nessuna eccellenza,

per me ECCELLENZA è solo il POPOLO"

manifesto candidata di Un'altra Calabria è possibile

 

I miei studi di retorica sono lontani. Ammetto che davanti a questo manifesto 

sono impazzito. Ho sentito puzza di iperbato, vale a dire "rottura dell'ordine

naturale della frase". Poi sono andato a scomodare l'ipallage

(dal greco hypallassein, "scambiare"), figura retorica

che consiste nell' attribuire a un termine di una frase qualcosa

(qualificazione, determinazione o specificazione) che

logicamente spetterebbe a un termine vicino. Poi un altro

passante mi ha suggerito che sicuramente era un refuso.

Peccato fosse una citazione che riverberava sull'autore

raffigurato insieme alla candidata come santino protettore:

 era sola sciatteria.


§ 


Magri cani fuori Locri/

sacri crani troppo alacri/

negri crini cari ai pigri/

agri treni per chi emigri/

acri trine tra le lacrime.


Toti Scialoja, Versi del senso perso, Einaudi, 2009

Commenti

Post popolari in questo blog

Sulla paranoia del Movimento 5 Leghe

il dibattito parlamentare del 1964 sull'antipolio

"I would prefer not to"