Lettera a Davide Casaleggio (19 novembre 2019)


A Davide Casaleggio su “Da Banksy a Wikileaks, quando l’anonimato è libertà di espressione”



Gentile Casaleggio (ma mi auguro possa consentirmi un caro Davide), ho 63 anni e il cenno autobiografico non è pleonastico per almeno due motivi.
Parto a casaccio – da qualche parte dovrò pur cominciare - da uno dei cavalli di battaglia del nostro capopolitico, che ne ha inevitabilmente mostrato la crescente salvinizzazione: a proposito di rapporti tra Ong e scafisti, nessuna tra queste accuse è mai stata dimostrata – scrive Frontex e pure qualche sentenza – e nessun procedimento giudiziario avviato ha mai avuto successo. 



Il che vuol dire che – al contrario di Di Maio e della brutta piega presa dal Movimento - provengo da una cultura garantista, oltre che sufficientemente informata. 63 anni mi situano necessariamente nella vecchia guardia, nella stagione entusiasmante, senza alcun protagonismo che non fosse quello del Movimento, delle cosiddette Quirinarie: 



Milena Gabanelli (forse voluta dallo stesso Grillo), Gino Strada, Stefano Rodotà, Gustavo Zagrebelsky, Dario Fo, Ferdinano Imposimato, Emma Bonino e Lorenza Carlassare (che poi rinunciò con signorile cortesia). Una sinistra da sogno, eretica, internazionalista, europeista, solidale, angeli della carta costituzionale, con Rodotà che dava senso e valore ai beni comuni e Padre Zanotelli in prima linea sul referendum per l'acqua pubblica. Tutti nomi coerenti con la logica dei Meetup, i Vaffa e la sostanziosa autoriduzione dei compensi dei parlamentari. Per uno storico malpancista di sinistra come me, mancava solo don Andrea Gallo, morto nel 2013 (tre anni prima di Gianroberto), tra i pochi, forse il solo, che avrebbe potuto prendere a calci con autorevolezza sia Beppe (quando mostrava segni di disinteresse per le vicende politiche e laissez-faire per il suo nominato capopolitico) sia gli emergenti capetti del Movimento. In quegli stessi anni Aldo Giannuli, nel tracciare un profilo e un tentativo di analisi della composizione del M5S, avanzava un "contigui alla sinistra". Immagino che quel “posizionamento” (parola che mi sfugge dal linguaggio del marketing) non provocò il suo entusiasmo. 



Certo, il paradigma indiziario rappresentato da quei candidati virtuali prese a essere contraddetto da quei ciuccioni naif che ancora oggi continuano a dichiararsi post-ideologici e dunque né di destra né di sinistra. Insopportabile mantra ancora oggi ripetuto dal “capopolitico”. Segno di una pochezza estrema e d’incapacità di qualsivoglia ragionamento, non fosse per altro che per marcare la differenza da Salvini. Sarà che ho una certa età, ma mi è chiaro da sempre che chi ragiona in quel modo, con quel narcisismo da uomo nuovo, è necessariamente reazionario. Una questione che si pose a partire dagli anni '40, grazie ad Alain, giornalista e filosofo, uno dei maestri di Raymond Aron, Simone Weil e Georges Canguilhem. Ancora di recente ho visto con gioia quel "Propos" ripreso da Donald Sassoon in un'intervista a la7. Sia chiaro, anche Beppe a lungo ha tergiversato con la stessa canzoncina, ma ha sempre convissuto con l’idea di argine contro la destra, il fascismo, il razzismo. Così infatti scriveva nel 2013: “Con la crisi, le ideologie son pronte per tornare. Anche il nazismo e il fascismo non scompaiono mai. Io ne sento l'odore da lontano ed è questo il momento del loro grande ritorno". Insomma si trattava di un’altra topologia che decisamente non è alla portata di Luigi.



Ma oltre a contestualizzare il mio personale rapporto col movimento, il riferimento ai miei 63 anni, al mio vissuto politico e culturale, alla mia formazione, rinvia a un ’68 non politico ma psicoanalitico. E’ l’anno in cui Jacques Lacan (pensi al padre culturale di uno come Massimo Recalcati) mette mano, per ridiscuterla dalle fondamenta, alla formazione dello psicanalista. Troppo ingessata, burocratica, governata dalle Associazioni e dalle Società psicanalitiche. Per nulla freudiana. Mi scuso se l’ho presa un po’ da lontano ma vorrei consegnarle qualche spunto che ritengo utile per il prosieguo e per un radicale ripensamento dell’attività politica, compreso il reclutamento della cosiddetta, con sintagma abusato, “nuova classe dirigente”.
Lacan, un francese terribile e rigoroso propugnatore di un ritorno a Freud, proprio quell’anno fonda una rivista dal nome latino: “Scilicet”. Cosa vuol dire? “Tu puoi sapere”, è lecito che tu sappia. E aggiunge: “tu puoi sapere ora che ho fallito in un insegnamento”. E continua “che per dodici anni si è rivolto solo a psicanalisti …”, “tu puoi sapere cosa avverrà ora”. Sia Lacan, sia Slavoj Žižek (un hegeliano molto preso dalla prassi politica), si riferiscono spesso a Samuel Beckett e a il suo “Ho sempre tentato. Ho sempre fallito. Non discutere. Prova ancora. Fallisci ancora. Fallisci meglio”. Non vuole essere di conforto per chi – strada facendo - ha già perso 6 milioni di voti e continua a perderne all’incirca uno ogni 30 secondi, tutt’altro. Si pongono invece la necessità di un ripensamento e di un cambio di passo.



Cosa succede però in quella rivista? E vado a bomba sul senso di “Scilicet” in relazione a quanto tratteggiato da Davide: “questa rivista si fonda sul principio del testo non firmato”. Commenta Lacan: “E’ questo il rimedio brutale, il forcing, quasi il forcipe: tale ispirazione mi è venuta come l’unica appropriata a snodare la contorsione per cui in psicanalisi l’esperienza si condanna a non lasciar passare niente di ciò che potrebbe cambiarla”. (…)”Posto questo è importante distinguere il non firmato dall’anonimato.(…)Mi piacerebbe sapere a chi ha nociuto il fatto di non aver firmato una parte della propria opera con un nome diverso da quello di Bourbaki. Devo stare a dire che è la firma collettiva con cui un’équipe ha rifatto, sul fondamento della teoria degli insiemi, l’intero edificio della matematica?”.


Salvini passeur di Di Maio e viceversa.
Così, povero Zingaretti, Conte 1 e Conte bis sono uguali

Qui il discorso si complica e s’indirizza sulla cosiddetta analisi didattica: “rimane il fatto che ci sono alcuni che sono vicini a me da sempre e hanno recepito ciascuno dei miei termini come una specie di nascita”. Dunque la rivista è divisa in due parti, una interamente firmata da Lacan e l’altra completamente non firmata. La seconda “tocca la negoziabilità del titolo di allievo”,“(…) quei miei allievi, che avrò riconosciuto come tali perché a questo titolo hanno contribuito a “Scilicet” (…) precisiamo che non è preclusa a nessuno, ma che chiunque non vi figurerà non potrà essere riconosciuto fra i miei allievi”. Insomma un discorso rigoroso e sottile, non senza paradossi, sulla formazione dello psicanalista, intesa come non burocratica ma dinamica, senza la ricerca spasmodica del perfezionarsi dell’ubbidienza, come effetto di transfert.
Altrove e in più occasioni Lacan prende ancora più direttamente la questione del “come” si diventa analisti. Escogitando un meccanismo molto complesso centrato sulla "passe", insomma dove c'è un passeur (estratto a sorte tra analisti anziani) che è responsabile e testimonia per il nuovo affiliato. Insomma, pensiamo a Beppe Grillo (il fondatore del Movimento) che stimola il suo team di fiducia a nominare e a garantire l'operato del nuovo capo-politico. Con una aggiunta geniale: non può essere a tempo, non può avere una durata fissa (ad esempio 5 anni). Nulla confligge col fatto che quello "non sia medico" e abbia fatto lo steward allo stadio. Ma se quello ci diventa salviniano invece che grillino, sa che succede? che viene buttato fuori. E con lui i testimoni che hanno garantito per lui (ad es. Bugani, Fico, Morra: nomi a caso). 



La domanda di Recalcati infatti è la seguente: quale onnipotenza, cosa ti fa credere, di essere tu nella posizione di capopolitico o di Ministro degli Esteri. 

Pensi che bello se questo "algoritmo" fosse operativo nelle università: d'incanto verrebbero azzerate le baronie, il nepotismo, il familismo amorale, la ricerca spasmodica di ubbidienza. Sul calco di Lacan invece ogni Analyste de l’Ecole, titolo a cui si accede tramite la passe e che viene accordato su decisione del cartello che ha ricevuto dai due passeurs la testimonianza del passant) parla a nome proprio. Non c’è un manuale che faciliti la nomina ad AE per uno psicoanalizzante che desideri farsi passant della propria analisi. Non c’è un manuale, non ci sono standard per diventare analista. Eppure ci sono degli AE, degli analisti che, dopo la passe e a causa di essa, sono riconosciuti come tali dalle scuole del campo freudiano. Nel testo “Atto di fondazione” (1964) compare il termine Scuola ma con un’accezione diversa dal senso comune. Lacan spiega di riferirsi alla filosofia antica, in cui l’insegnamento andava di pari passo con un certo stile di vita: «Prendiamo ora in esame il termine Scuola. Termine che è da prendere nel senso in cui nell’antichità indicava certi luoghi di rifugio, o meglio basi operative contro quello che già allora poteva essere chiamato disagio della civiltà».
In Lacan c’è l’idea che i dispositivi istituzionali devono essere più forti delle passioni immaginarie delle persone che fanno l’istituzione. “Il mio mestiere di psicoanalista – scrive Recalcati più o meno ad aprile di quest’anno – mi impone una domanda. Non quella consueta che da più parti viene rivolta a Di Maio, ovvero: come può un soggetto che non ha maturato nella sua vita competenze specifiche su nulla, che non ha mai lavorato in una istituzione, che non ha mai avuto incarichi di governo (di una azienda, di una città, di una qualunque cosa pubblica) essere candidato alla guida di un Paese di sessanta milioni di abitanti?
La mia domanda è un’altra e tocca un piano più pulsionale. Quale assenza di giudizio critico su se stessi comporta l’aver accettato questa candidatura? Lo sgomento di fronte all’ipotesi di Di Maio premier non è per me tanto relativo alla sua incompetenza tecnica, quanto al gesto personalissimo dell’aver accettato questa investitura. Quanti accetterebbero un incarico di questa rilevanza senza avere la più pallida idea di cosa significhi governare la cosa pubblica? È questa assenza di consapevolezza dei propri limiti che fa davvero tremare i polsi. È il polo chiaramente maniacale o, se si preferisce, puramente adolescenziale del M5S. Un fantasma di onnipotenza e di purezza totalmente sganciato dalla realtà”.



Caro Davide, mutatis mutandis, il “non firmato” di “Scilicet” e il meccanismo della “passe” con tanto di estrazione a caso, come pure l’interrogativo di Recalcati, qualche suggerimento ce lo forniscono, che dici?
Innanzi tutto sulla pratica di scrittura nel blogdellestelle, che potrebbe facilmente essere indirizzato sulla cortesia e sul raziocinio. Basterebbe un po’ di netiquette. Tu dici (al punto 3): “Sfavorire la visibilità nei motori di ricerca e nei social media dei testi scritti da parte di persone che usano tecniche di anonimizzazione assolute se pubblicano testi non corredati da fonti pubbliche”. Perché non cominciare allora proprio dal nostro blog? Frequentandolo un po’, la situazione sembra essere questa: Alessio ("questi di Merdpubblica"), Verdicto, Luciano C., SonoCavoli, Mokj, Alighione Alighieri, Cheiomiricordi ("non nutro stima per i Buonisti…ancora meno per i Buonisti IGNORANTI”), Oreste ?????, G. C., federico_2, Giuseppe (“Il PD non vuole la giustizia, vuole il libertinaggio. Vedi: clandestini nullafacenti ecc.”). In molti casi sembra abbiano sbagliato blog, tanto sono leghisti.



E perché non firmano, con nome e cognome, come faccio io? Eppure, almeno qui, dovremmo essere tutti “utenti verificati”. Quale esuberanza retorica o di scrittura, quale sovversione del soggetto, credono di tutelare con uno pseudo anonimato fin troppo trasparente per il webmaster? Da quale isotopia pensano di affrancarsi, quale libertà espressiva vengono a celebrare coi loro nickname sgangherati, inneggiando ai “clandestini nullafacenti” e ai buonisti, loro che certo non sono Lewis Carroll o Pessoa? Gli allonimi e gli eteronimi sono questione di stile e di tempo, affinché si arrivi a cifrare altre personalità che siano coerenti e riconoscibili.

E al punto 5: 
“creare un sistema più snello per gestire i reati diffamatori per esempio legandoli a risarcimenti economici immediati e contenuti, salvo se reiterati. Tuteliamo i diritti dell’individuo e della collettività in modo intelligente. Esiste il modo di avere più Banksy e meno diffamazioni. Costruiamolo”.
Appello nobile e condivisibile, ma nei tempi di La Bestia, di troll e sock puppets, gli account-fantasma che proliferano credo anche nel nostro blog, non ne so abbastanza e non saprei cosa suggerire. Salvo gli spunti che vengono da un altro mondo, quello psicanalitico, e un altro tempo (quello di Lacan, negli anni ’70) che oggi le consegno. Sperando che le nozioni di “non firmato”, di testimone o di passeur possano essere sproni, di stimolo per chi si predispone a un buon uso. Caro Davide, in fondo mi rendo conto che tutto questo testo – qualora avesse voglia e tempo di arrivare fin qui, viene a complicarle la vita: non solo certi account potrebbero essere non firmati, e fin qui potrebbe essere teoricamente la parte nobile, ma è che la maggior parte dei testi che qui si producono sono anonimi e destinati all’anonimato. 



Perché provengono da parole vuote, da anonimi privi di rigore, da dicerie, “voci”, “si dice”, gossip. Non da pensosità e da verità. La diceria si sgancia presto dalle sue fonti – sola garanzia possibile di attendibilità – e prosegue o meno la sua corsa in forza della pura seduzione che esercita sulle nostre menti pronte a soggettivare a tutto spiano. Nei campi detti scientifici, invece, è l’autorità della fonte quel che veramente conta. Se è un dato è apparso su una delle riviste internazionali, in inglese, che godono di massimo prestigio, esso verrà preso sul serio; altrimenti non avrà corso. Ma per tutto il resto (…) attinge al giornalismo. E il giornalismo non convince mai sulla base delle fonti (che restano per lo più ignote), ma sulla base della reputazione del giornalista e del giornale su cui scrive”. (…) Il tempo addormenta la nostra discriminazione critica. Questo spiega il fatto che così spesso incontriamo persone colte e stimabili le quali ripetono convinte fatti e teorie che noi, per ragioni spesso casuali, sappiamo essere autentiche scempiaggini. Quel che chiamiamo “uso della ragione” di solito coincide con il nostro accesso o meno a fonti autorevoli. Perciò la “razionalità” è, più che una capacità individuale, un privilegio sociale. Restare “lucidi” significa semplicemente che non dimentichiamo da chi abbiamo attinto le nostre credenze [Sergio Benvenuto, Dicerie e pettegolezzi. Perché crediamo in quel che ci raccontano, Il Mulino, 1999, p.130].
Non vi fidate del PD derenzizzato, non vi fidate dei giornali che per la prima volta vi apparecchiano interviste più morbide, non vi fidate delle smielate parole di Franceschini, e poi "delle false aperture del Pd (...), dell'Europa, della Lagarde, delle notizie che arrivano dal Medio Oriente, dei nuovi ambientalisti ché sono i più sporchi, etc.
 Qual è la reason why degli ammonimenti di Di Battista? puro paternalismo e trionfo delle dicerie: "Non ho la sfera di cristallo, semplicemente li conosco e oltretutto, forse, da fuori, si vedono le cose in modo più limpido". "Da fuori" in che senso? Fuori da cosa, dal parlamento, dall'Italia, dal linguaggio? Il che fa il paio con lo snobismo di “L’accoglienza oggi non è un valore. Il dibattito sulle ong mi annoia e annoierà presto gli italiani”. Insomma, Di Battista scrive e firma. Posso avanzare che si tratta di testi anonimi, tanto son privi di argomentazione, di citazione delle fonti, di stile, di pensiero critico? E' che "li conosco". Sembra l'ammonimento umorale e improvvisato di una vecchia zia. Insomma disinformazione. 

Per non parlare del cosiddetto "capopolitico". Quello che - raccontando balle - ha negato l'autorizzazione a procedere per il caso della nave Diciotti, quello che - raccogliendo balle - si è inventato i "taxi del mare", il "partito di Bibbiano", quello di "Radio Soros", della guerra alle ONG, quello che si è appropriato delle peggiori bufale dell'ultra-destra e della Bestia, delle sgangherate semplificazioni di Salvini, quello che, quando Salvini si era già levato dalle balle, ha rivendicato fieramente la confisca immediata delle navi ONG.  Quello del lancio sul blog delle stelle, con tecnica degna di un Morisi e un Salvini,



(non ci stiamo chi? chi lo ha deciso? chi sta firmando? Vito Crimi e/o Luigi Di Maio? è tutto anonimo, qualcuno ha fatto cenno alla impagabile funzione civile di quella radio, a radio carcere o radio parolaccia? Eppure sono i precursori dello streaming e del periodo dei “Vaffa” di Beppe).


Grazie Davide se è arrivato fin qui. I migliori auguri

Massimo Celani,
19 novembre 2019
Vadue di Carolei, 87030 Cosenza

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